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Ambiente, società e tecnologia

Apprendere tramite la realtà virtuale: la nuova frontiera dell’istruzione

Indossare dei visori in aula per vedere comparire sul banco una cellula, una molecola o un pianeta, fare un esperimento di elettronica e maneggiare dei materiali pericolosi in totale sicurezza: queste sono solo alcune delle attività che si possono fare con la realtà virtuale per imparare meglio arrivando a “toccare con mano” e visualizzare oggetti normalmente impossibili. La missione di aziende come Google è portare tutto ciò quotidianamente nelle aule di scuole e università con l’obiettivo di rivoluzionare per sempre il mondo dell’apprendimento grazie a questa tecnologia.

Cosa sono realtà virtuale, realtà aumentata e le differenze

La realtà aumentata, augmented reality in inglese, è una tecnologia che permette di aggiungere le informazioni nel nostro campo visivo, andando ad arricchirlo di elementi nuovi grazie alla fotocamera dei dispositivi mobili sui quali sono stati installati appositi programmi. Il principio è quello dell’overlay ovvero la sovrapposizione di informazioni aggiuntive, definite ologrammi, a quelle già esistenti.

La realtà virtuale, virtual reality, riesce ad andare oltre: è una tecnologia immersiva che grazie ad un apposito visore, permette di immergersi in una realtà simulata alla perfezione, costruita in tre dimensioni e a 360 gradi che coinvolge non solo gli occhi ma anche l’udito e la propriocezione. Questi strumenti riescono a percepire i nostri movimenti, ricreando la scena come se fossimo nel mondo naturale: se si alza un braccio nel mondo esterno, si alzerà il corrispettivo ricreato nella simulazione, facendo credere al nostro cervello di trovarsi proprio lì; perché nonostante la consapevolezza di fondo di aver indosso un visore, la sensazione di embodiment crea un inganno per il cervello che si sente completamente presente.  A differenza della realtà aumentata, che si limita ad apparire in sovrapposizione, rimanendo ben distinguibile dal resto, la VR permette di immergersi totalmente nella scena rendendo difficile discernere ciò che è vero da ciò che è stato ricreato.

Esiste inoltre un terzo tipo, di realtà virtuale/aumentata, la cosiddetta mixed reality in cui AR e VR vengono unite: gli ologrammi già presenti nell’AR superano la staticità permettendo l’interazione come accade nella VR, rimanendo però nettamente distinguibili dalla realtà e perciò non è definibile immersiva.

AR/VR e ambiti di applicazione

Le realtà estese, citando una macro-categoria per racchiuderle tutte, hanno fatto il loro debutto nel mondo dell’entertaiment dando vita a videogiochi ultraimmersivi, ma negli ultimi anni è stato possibile vedere come possono essere applicate ad un’infinità di ambiti.

Alcuni sono più ovvi di altri, come quello industriale, dove diventerebbe possibile, semplicemente inquadrando un macchinario sconosciuto, visualizzare tutte le istruzioni  per il funzionamento sottoforma di animazioni dettagliate. Allo stesso modo può essere utilizzata per le training di addetti alla manutenzione di sistemi pericolosi come i tralicci dell’alta tensione dove sbagliare può costare la vita ed è anche molto facile per una persona alle prime armi; come sostiene Lorenzo Cappannari di AnotheReality: “se prima lo si insegna in modo altrettanto realistico ma totalmente sicuro in una simulazione, si può sbagliare tutte le volte che si vuole senza problemi e sbagliando, imparare”.

Grazie alle realtà estese è realmente possibile continuare a sbagliare senza nessuna conseguenza, caratteristica utile a professionisti come il pilota di velivoli, ma anche il chirurgo. Proprio a supporto di quest’ultimo, è il progetto della startup italiana Artiness che ha l’obiettivo di portare la realtà aumentata in sala operatoria per rendere gli interventi delicati più sicuri.

Realtà virtuale solo per settori “di rischio”?

L’industria e l’healthcare tuttavia non sono gli unici settori coinvolti, perché questo tipo di tecnologia ben si sposa con un ambito fondamentale: la formazione. In questi anni si sta fortemente sperimentando la VR per la formazione del personale delle aziende che invece di dover organizzare dei continui e dispendiosi corsi di formazione in presenza possono creare una simulazione ad hoc per il tipo di mansione che deve essere svolta, e presentarla ad ogni nuovo impiegato che, dotato di un visore, può imparare efficacemente la procedura, alla quale è stata aggiunta la componente di gamification.

Realtà estesa e apprendimento: ecco perché è così efficace

Il forte potenziale non si trova solo in ambiente lavorativo, ma anche in quello scolastico con bambini e ragazzi. La tecnologia evolve di giorno in giorno, ma nelle aule spesso rimane ancora la lavagna con il gesso quando invece sarebbero disponibili gli strumenti per rendere l’apprendimento non solo più interessante ma anche molto più efficace.

Per spiegare il perché dell’efficacia, è necessario fare riferimento alle neuroscienze: le ultime scoperte sul cervello spiegano che per apprendere meglio e quindi ricordare più a lungo comprendendo a livello profondo quello che si sta studiando, il modo migliore è fare. Il cono dell’apprendimento è un grafico che fa notare come dopo due settimane si ricorda solo il 10% di quanto si è letto, ma ben il 90% di quello che si è fatto rendendo l’apprendimento attivo.

In aggiunta, i mondi creati da AR e VR rendono l’esperienza di apprendimento coinvolgente e quindi emozionante, parola chiave in contesto di memoria in quanto, come dimostrano molteplici studi, più il materiale da imparare si lega alle emozioni e maggiore sarà il ricordo, perché concepito come rilevante per il cervello. Proprio per la loro capacità di generare e modificare emozioni anche permanentemente, sono considerate le prime tecnologie “trasformative”.

La nuova frontiera scolastica: i visori per tutti

Con le dovute premesse diventa evidente come la mixed reality possa essere rivoluzionaria per scuole e università. Già a partire dalle elementari, fino alla formazione superiore, le realtà estese possono aiutare gli insegnanti a spiegare concetti complessi e visualizzare oggetti fisici difficilmente comprensibili dalle immagini appiattite e poco realistiche dei libri; permettendo così di studiare in modo coinvolgente tutti gli argomenti: dalla biologia all’arte, dalla fisica alla chimica fino all’informatica e le lingue.  Si avrà dunque l’opportunità di capire a fondo teorie che sarebbero altrimenti estremamente nozionistiche, rendendole invece fortemente esperienziali.

Aziende come Google in partnership con Labster, ma anche Lenovo, hanno compreso a pieno la potenzialità e stanno lavorando a delle soluzioni per estendere quando più possibile l’utilizzo di queste tecnologie nella didattica di tutti i giorni. L’azienda californiana con il progetto “for education” ha trovato una possibile soluzione in continua evoluzione per portare la mixed reality nelle scuole, senza costi eccessivi: le Cardboard, delle custodie di materiale non fragile come cartone o plastica in cui inserire uno smartphone e utilizzarlo come prototipo di visore. La proposta è avvalorata dal fatto che esistono già delle applicazioni installabili sui devices che accompagnano gli studenti nella didattica interattiva. Nonostante Google stessa abbia ammesso che sia un progetto ancora parecchio acerbo, la prima scintilla è stata accesa e le potenzialità di sviluppo futuro sono molte, ciò che va ridimensionato è il sistema d’istruzione.

La strada potrebbe essere lunga

La scuola deve fare ancora molti progressi su questo fronte e gli ostacoli da superare per portare la trasformazione digitale in tutti gli istituti d’Italia non sono sicuramente pochi: a partire dai fondi per le tecnologie stesse e la formazione degli insegnanti, come sostiene Stefania Strignano, dirigente dell’Istituto Ungaretti di Melzo, una delle prime scuola statali italiane che ha rivoluzionato il metodo d’insegnamento tramite laboratori creativi, utilizzo di strumenti digitali e didattica personalizzata: “in primo luogo c’è da investire sul capitale umano ovvero i professori che per primi devono interiorizzare il cambiamento e saperlo portare agli alunni”.

Il lavoro da fare è parecchio ma il potenziale ancora di più e le ricerche scientifiche oltre che i risultati ottenuti da scuole pioniere, lo dimostrano. Vale la pena approfondire lasciandosi immergere nella trasformazione digitale.

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Ambiente, società e tecnologia

MIND-VR: la realtà virtuale per battere i disturbi psicologici

Intervista a Federica Pallavicini, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze umane per la formazione in Unimib ​

C’è una categoria professionale che il CoronaVirus ha colpito con forza: quella dei medici e degli infermieri.

Esposti fin dall’inizio dell’emergenza al COVID-19, gli operatori del mondo sanitario oltre a correre il rischio concreto di ammalarsi stanno sviluppando il serio rischio di veder sorgere problemi psicologici collegati al prolungato persistere di uno stato di stress.

In altre parole, disturbi d’ansia: un rischio concreto certificato sin dallo scorso 24 marzo dalla FNOPI (Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche), ente pubblico che dal 2018 unisce tutti gli ordini degli infermieri e degli infermieri

pediatrici presenti in Italia, che in un comunicato sul loro sito (fnopi.it) dichiara: “È sotto gli occhi di tutti la condizione e lo stress a cui i nostri professionisti sono sottoposti e di questo e di quanto sarebbe stato possibile fare in tempi non sospetti e che ora riteniamo sia non solo logico e doveroso, ma indispensabile fare, riparleremo quando l’emergenza sarà passata”.

A venire in aiuto di questa preziosa categoria di lavoratori potrebbe essere la Virtual Reality, grazie a un progetto nato proprio nel contesto dell’Università Bicocca, grazie all’unione di alcuni ricercatori, professori e studenti: Mind-VR.

L’idea alla base è molto semplice: visualizzare uno scenario rilassante -come un paesaggio- facilita l’acquisire uno stato mentale positivo.

E allora, perché non ricreare tali scenari grazie alla tecnologia? A raccontare qualcosa di più su Mind-VR è una delle ideatrici del progetto, Federica Pallavicini, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze umane per la formazione dell’Università degli studi Milano-Bicocca.

Federica Pallavicini, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze umane per la formazione dell’Università degli studi Milano-Bicocca.

Che cosa ti ha spinto a voler sviluppare Mind-VR?

“Il progetto iniziale non era pensato per i medici. Era invece un’idea nata dalla mia esperienza di paziente. La molla che ha fatto scattare il tutto è stato il manifesto di un incontro per il rilassamento presente in ospedale. Da lì ho pensato che il VR

potesse aiutare i pazienti per superare stati di ansia, stress e interventi particolarmente dolorosi e invasivi”

Come hai scelto il tuo team?

“L’ho scelto in base alle competenze. Fabrizia è professore associato presso il mio stesso dipartimento e ha studiato per anni il mondo della realtà virtuale. Chiara invece studia presso il corso di laurea magistrale in Teoria e Tecnologia della

comunicazione.”

In quale fase del progetto vi trovate?

“Attualmente ci troviamo in fase di Crowdfunding. Abbiamo stimato di raggiungere circa 5000 euro per sviluppare i contenuti sulla base dei principi psicologici.”

Quali effetti benefici avete testato finora?

“Vengono fatte ricerche sulla realtà virtuale da oltre 20 anni e sono stati verificati più volte i benefici psicologici derivati dal suo utilizzo. Io stessa sono in questo campo di ricerca da ben 10 anni e ho toccato con mano i risultati ottenuti. Una volta

sviluppato Mind-VR anche noi non tarderemo a fare i primi test.”

L’esperienza che fornite si serve solo del casco VR o verranno aggiunti accessori per permettere anche un’esperienza sensoriale del tatto?

“No, ma ci piacerebbe molto. Tuttavia per ora ci basiamo su Oculus Quest che permette all’utente di usare anche le proprie mani.”

Pensi che in futuro Mind-VR possa essere utilizzato anche per i pazienti che hanno vissuto la quarantena?

“Assolutamente sì. Inoltre potrebbe essere utilizzato anche a livello educativo.”

Come pensate di procedere una volta sviluppato e applicato Mind-VR sui medici italiani?

“Una volta sviluppato in italiano ci piacerebbe tradurre tutti i suoi contenuti in inglese in modo da diffonderlo anche all’estero.”

Sarà la realtà virtuale a supportare gli operatori sanitari durante la pandemia da COVID-19? La speranza è che la risposta sia positiva.