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Comprare un oggetto di seconda mano non ha solo un vantaggio economico personale ma fa risparmiare al pianeta risorse preziose. Si evita che un nuovo oggetto venga prodotto e che quello usato, ancora in buone condizioni, finisca in discarica. In questo modo si usano meno materiali per la produzione e non vengono rilasciate ulteriori emissioni di gas serra nell’ambiente.

Acquistare second hand è uno degli aspetti dell’economia circolare, contrapposta all’economia lineare. Secondo questo modello la vita di ogni prodotto è scandita in tappe lineari, dalla produzione allo smaltimento. Ogni tappa di questo processo richiede risorse ed energia e genera emissioni inquinanti e rifiuti. Immaginiamo di moltiplicare il costo di questo processo per ogni oggetto che viene prodotto ogni giorno.

Una società consumistica

La società dei consumi in cui viviamo induce in noi bisogni e desideri di cose non necessarie che acquistiamo solo per il gusto di comprare qualcosa o con l’intenzione di rinnovare noi stessi o la nostra casa. Spesso, la sensazione che un oggetto non sia più buono e che vada sostituito non è dettata dall’usura reale ma dal desiderio di possedere un nuovo modello presente sul mercato. Si parla in questo caso di obsolescenza percepita. Esiste anche un’obsolescenza programmata in cui il prodotto viene progettato da principio per avere una vita limitata, per aumentare la velocità con cui il bene verrà sostituito o riparato. Entrambe fanno sì che si producano un grande numero di rifiuti. Solo in Italia la produzione annuale di rifiuti è di circa 30,1 milioni di tonnellate. Questo significa che in un anno produciamo 499 kg di rifiuti a testa. Di questi solo il 32% viene riciclato, il restante viene incenerito o mandato direttamente in discarica (fonte Rapporto Rifiuti Urbani – Edizione 2020).

Fast fashion: il fenomeno

Particolare attenzione va posta nei confronti dell’industria della moda. Secondo una ricerca pubblicata su Nature Reviews Earth & Environment l’industria della moda ogni anno è responsabile di circa 8-10% delle emissioni globali di anidride carbonica (circa 5 milioni di tonnellate) ed è una dei principali responsabili del consumo di acqua. La produzione di vestiti negli ultimi anni ha subito una notevole accelerazione. Secondo una stima, dal 1975 al 2018 la produzione è passata da 6 a 13 kg a persona e la richiesta di abiti cresce ogni anno del 2%.

La fast fashion si basa sul desiderio dei consumatori, che vogliono indossare sempre nuovi vestiti di tendenza e per questo cambia rapidamente e produce un’enorme quantità di abiti. Da qui la parola “fast”, che significa veloce e indica la moda che cambia velocemente. Secondo il report di ThredUp per il 2019, una persona su due dichiara di non voler essere vista da altri indossare lo stesso vestito più di una volta e il 70% degli intervistati ha acquistato almeno un capo indossato un’unica volta. Solo nel 2019 negli Stati Uniti sono stati prodotti circa 95 mila tonnellate di rifiuti di abiti indossati solo una volta. Infatti, l’85% degli abiti prodotti finisce nelle discariche, senza venire in alcun modo riciclato.

Agenda 2030: Obiettivo 12 “Consumo e produzione responsabili”

Come riportato sul sito del Centro Regionale di Informazione delle Nazioni Unite, l’Agenda 2030 è un programma di azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto dai governi dei Paesi membri dell’ONU nel settembre 2015. Si articola in 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile in cui sono definiti traguardi comuni per tutti i Paesi e tutti gli individui. L’Obiettivo 12 dell’Agenda “Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo” fornisce indicatori per il raggiungimento di modelli di produzione e consumo consapevoli. I traguardi da raggiungere sono strettamente interconnessi, dalla gestione in modo efficiente e sostenibile delle risorse naturali durante i processi produttivi, minimizzando l’utilizzo di materiali tossici e inquinanti per l’ambiente, alla riduzione sostanziale dei rifiuti, attraverso la prevenzione, la riduzione, il riciclaggio e il riuso.

Una scelta più consapevole

Come consumatori possiamo fare la nostra parte scegliendo i nostri acquisti in modo responsabile. Un consumo consapevole trova declinazioni differenti: possiamo decidere di acquistare oggetti prodotti in modo sostenibile ma anche decidere di ridurre ciò che compriamo, usando ciò che abbiamo già o che è stato prodotto in precedenza.

Per una scelta consapevole, prima di fare un acquisto ci si può affidare alla regola delle tre R, cioè Ridurre, Riusare, Riciclare. Queste tre azioni sono poste a piramide e la regola dà una gerarchia di azioni su cui possiamo riflettere e che possiamo compiere.

  • Ridurre significa consumare meno, acquistando meno oggetti ma di buona qualità e durevoli nel tempo.
  • Riusare intende non gettare oggetti che non hanno ancora terminato il ciclo di utilità, che possono essere riparati o utilizzati con un altro scopo. Se proprio non si riesce a trovare un modo di riutilizzare un oggetto, se in buone condizioni, prima di buttarlo possiamo decidere di donarlo a enti benefici, regalarlo ad amici o venderlo a chi ne ha invece bisogno.
  • Riciclare è l’ultimo step. Solo dopo aver considerato le opzioni precedenti possiamo eliminare l’oggetto, rispettando le regole della raccolta differenziata.

Per una macchina o oggetti costosi è facile fare affidamento su questo principio ma possiamo utilizzare questa regola per ogni tipo di acquisto, dall’elettronica all’abbigliamento. Vendere gli abiti usati è il modo più sostenibile di liberarsene. Dando a un vestito una seconda vita riduce le sue emissioni di anidride carbonica del 79%.

Il futuro del consumo è l’usato. Sempre più persone scelgono di fare acquisti second hand, grazie alle iniziative di sensibilità mosse sui social e alle sempre più diffuse piattaforme di reselling, in particolare nella Generazione Z. I giovani, infatti, sono molto attenti alla tematica ambientale e all’impatto degli oggetti che consumiamo.

Una bella iniziativa messa in moto da Oxfam è il Second Hand September, una challenge per il mese di settembre in cui si invitano le persone a provare ad acquistare solo oggetti di seconda mano per 30 giorni. La challenge non è fine a sé stessa: infatti, l’invito per tutti i partecipanti è quello di continuare a fare acquisti di seconda mano anche nei mesi successivi e farla diventare un’abitudine della propria vita.

In questo ultimo anno il coronavirus ci ha costretto a rimanere fermi e a riflettere: accadono cose che vanno oltre il nostro controllo. Possiamo però ancora agire contro il cambiamento climatico e l’esaurimento delle risorse naturali. La challenge Second Hand September si ripeterà anche quest’anno. Sfruttiamo questa occasione per aiutare il pianeta e le future generazioni. A settembre compriamo usato e diamo una seconda vita ai nostri oggetti sepolti in cantina.