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Che cos’è il packaging? È uno strumento funzionale, un mezzo per comunicare al cliente la missione di un brand, ma anche un costo ambientale: secondo Eurostat solo il 42% degli imballaggi in plastica è stato riciclato in Europa nel 2017. Come renderlo più sostenibile?

Ridurre il packaging ai minimi termini

Applicare la filosofia zero-waste alla spesa quotidiana: è questa la missione di “Negozio Leggero”. Questo franchising italiano nato nel 2009 riduce gli imballaggi superflui vendendo prodotti sfusi o tramite la soluzione del vuoto a rendere: il cliente può così riconsegnare le confezioni in vetro, che saranno sterilizzate e riutilizzate. Le stesse strategie ispirano il lato e-commerce: per le spedizioni infatti sono utilizzati imballaggi in cartone recuperato. Negozio Leggero cerca di realizzare un “sistema chiuso” per il packaging: sfrutta al massimo le potenzialità dei contenitori esistenti e li rispedisce vuoti ai suoi produttori.

Liberarsi degli imballaggi… oppure no?

Perché allora non eliminare definitivamente il packaging? Brutte notizie: è una soluzione inapplicabile. A dimostrarcelo sono… i broccoli. Perché proprio loro? Possiamo trovare la risposta in una ricerca pubblicata sul “Journal of Food Engineering” nel 2011; è stato mostrato che un parametro fondamentale per la durata della vita commerciale dei broccoli é la presenza di un sottile packaging in plastica, meglio ancora se microforato. I dati raccolti indicano che in questo modo la loro capacità di conservarsi aumenta del 30%. Senza il packaging questi ortaggi, che sono infiorescenze non più in grado di ricevere nutrimento e acqua dalla pianta, perdono molto più velocemente la loro massa, ingialliscono e il loro stelo si indurisce: insomma, diventano invendibili e aumenta il rischio di spreco.

Proposte tecnologiche per un packaging sostenibile

C’è chi, grazie alla ricerca, sviluppa nuove tecnologie: è il caso di Lanzatech, una startup nata nel 2005, che ha recentemente presentato il packaging che produrrà per L’Oreàl. La sua particolarità? Il processo tecnologico che permette di ottenere polietilene, materiale alla base del packaging, parte da un batterio e da gas di scarto e rifiuti industriali. Lanzatech sfrutta questo microrganismo perché è in grado di vivere consumando CO2, H2 e CO (composti di cui sono ricche le materie di partenza) e di sintetizzare etanolo come prodotto secondario. È proprio quest’ultimo composto a essere trasformato in etilene: sarà questo il mattoncino di base per la produzione finale del polietilene.

Un progetto che ha la stessa missione é “BioCosì”, sviluppato dal centro ENEA in collaborazione con la startup pugliese Eggplant. Il materiale di  partenza è costituito dai reflui della filiera lattiero- casearia, in particolare la frazione ricca in lattosio. Questa, come viene spiegato, “viene processata e fermentata in un bioreattore grazie a un microrganismo in grado di sintetizzare una bioplastica biodegradabile”; i prodotti finali saranno confezioni e vaschette per prodotti caseari. Grazie a questa tecnologia ogni step della filiera verrebbe valorizzato, perché gli scarti diventerebbero funzionali per i nuovi prodotti.

Entrambi i progetti hanno un obiettivo chiaro, che può essere riassunto con le parole chiave del progetto BioCoSì: mirano a lanciare un packaging che sia “sostenibile, circolare e intelligente”.