Condividi su:

Da febbraio la pandemia del Covid-19 e la successiva crisi economico-sanitaria hanno colpito -e stanno tutt’ora colpendo- anche se in misure differenti tutti i paesi dell’Unione Europea.

Le istituzioni comunitarie stanno mettendo a punto diverse manovre per contrastare la diffusione del virus e stimolare la ripresa economico-sociale degli stati membri, fra cui ovviamente l’Italia.

Sotto il profilo sanitario e di ricerca le iniziative sono tantissime: il principale obiettivo della Commissione Europea è fornire un costante supporto ai sistemi sanitari nazionali: a marzo l’organo esecutivo guidato da Ursula von der Leyen ha dichiarato di sostenere lo sviluppo di un vaccino attraverso l’operato della società CureVac. Sono stati investiti 137,5 milioni di euro a sostegno della ricerca che si sommano a 164 milioni per finanziare startup e imprese tecnologiche che siano intenzionate a sviluppare metodi innovativi per contrastare il virus.

I provvedimenti economici sono quelli che hanno maggiormente lasciato adito a critiche e discussioni, mettendo a rischio per un momento la credibilità della stessa Unione: alcuni stati, soprattutto nel periodo più critico, hanno recriminato a proposito del deficit di aiuti da parte delle istituzioni dell’Unione. La proposta del piano “Next Generation Eu”, presentato ufficialmente dalla presidente Ursula Von Der Leyen il 27 maggio 2020, ha sanato un po’ la situazione limitando le polemiche.

Il piano, riconducibile a tutti gli effetti al meccanismo di Recovery Fund, è l’ultimo e forse più efficace step del lungo percorso avviato dall’Europa per mitigare gli effetti letali del virus verso le economie continentali.

La manovra, che dovrà prima essere approvata, ha il valore 750 miliardi di euro di cui si stima circa 173 miliardi saranno destinati all’Italia.

La parte più innovativa consiste nel fatto che la Commissione sta progettando nuove forme di pagamento attraverso cui i paesi coinvolti possono risanare il debito. La presidente della Commissione ha ipotizzato tasse che potrebbero essere imposte ai giganti del mondo digitale e legate alla sostenibilità ambientale, come una imposta sulle emissioni di CO2.

Prima del Recovery Fund sono state già approvate una serie di misure volte ad aiutare l’Italia e gli altri paesi membri dell’Unione che si trovano in difficoltà, tra cui lo stop del patto di stabilità e il “Pandemic Emergency Purchase Programme ” istituito dalla Banca Centrale Europea a fine marzo.

Nel nostro paese ci sono state tuttavia una serie di polemiche e opinioni discordanti riguardo alla proposta di creare una nuova linea di credito del MES, presentata e approvata il 23 aprile scorso dalla Commissione Europea. Le prese di posizione contrarie al MES derivano dall’idea che, per usufruire dei finanziamenti, i paesi membri abbiano l’obbligo di sottostare a rigide condizioni tra cui la sorveglianza rafforzata. Ciononostante nei primi giorni del mese di maggio, l’Eurogruppo è riuscito a trovare un accordo in grado di rendere il MES uno strumento più idoneo a questo periodo di crisi economico-sanitaria: ogni stato potrà usufruire di prestiti a tassi agevolati e l’unica condizione a cui dovrà sottostare è destinare i soldi derivanti dal MES unicamente a spese sanitarie. È stato poi concordato che gli stati membri possono ricevere finanziamenti fino al 2% del proprio PIL.

I partiti politici italiani restano distanti rispetto all’accettare o meno gli aiuti europei, e anche a livello europeo ci sarà molto da fare per trovare una quadra rispetto alle tante idee che si stanno discutendo. Il lavoro della Commissione sembra comunque già a buon punto, e la sensazione è che l’Europa possa fronteggiare finalmente in maniera unitaria la crisi economica che prepotentemente si sta affacciando.