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È di qualche giorno fa l’annuncio di McDonald’s di voler inserire nel proprio menu, a partire dal 2021, il McPlant. Si tratta di un burger di “finta carne” composto da proteine vegetali prodotte in laboratorio e con l’ausilio di stampanti 3D.

L’hamburger è già stato “testato” lo scorso anno nei McDonald’s canadesi e sarà uno dei tanti prodotti di una linea tutta al vegetale e con un packaging al 100% biodegradabile.

La decisione è stata presa sulla scia di competitors quali Burger King o KFC che già da qualche anno hanno inserito nel menu soluzioni per vegani o per chi, semplicemente, ha deciso di ridurre il consumo di carne.

La notizia potrebbe passare come una semplice aggiunta di menu ma è qualcosa di più di questo. Le catene di fast food precedentemente nominate, infatti, sono nate con l’idea di proporre solo piatti a base di carne e una scelta del genere fino a qualche anno fa sarebbe stata impensabile.

Ma cosa c’è dietro a questa inversione di marcia?

È da escludere che tale scelta si possa collegare al tentativo dei fast food di scrollarsi di dosso il sinonimo di cibo spazzatura (junk food). La risposta è, invece, da ricercare nell’’attenzione che le multinazionali del food, e non solo, hanno nei confronti dell’ambiente e dei consumatori.

Consumo di carne: a che punto siamo?

L’aumento del consumo di carne è direttamente proporzionale all’aumento dei redditi e, stando a quanto pubblicato dalla BBC, negli ultimi 50 anni la quantità di carne prodotta è aumentata di quasi cinque volte: passando da 70 milioni di tonnellate nei primi anni ‘60 a quasi 330 milioni di tonnellate nel 2017.

Ma se la carne nei paesi più ricchi è un piatto abituale, e non più delle grandi occasioni come avveniva in passato, nei paesi più poveri continua a rimanere un privilegio.
Facendo sempre riferimento al report della stessa BBC, il consumo di carne medio a persona di un paese come l’Etiopia o la Nigeria è 10 volte minore rispetto a quello di un cittadino Europeo.

Consumo medio di kg di carne per persone/anno (Sorgente: UN Food and Agricolture Organization)

Carne e ambiente, qual è la relazione?

Il trend descritto pare abbia già avuto il suo picco e in questi anni stiamo notando una leggera decrescita del consumo di carne.

Ma a spingere all’abbandono della carne ci sono anche motivi ambientali.

Infatti, il beneficio che l’ambienta trae con la riduzione del consumo di carne è significativo.

La rivista online Duegradi, in un recente articolo, ha riportato che:

“L’industria della carne è oggi una delle principali responsabili dell’emissione di gas serra nell’atmosfera, producendo il 14% delle emissioni globali, più dell’intero settore dei trasporti”

Risorse usate per la produzione di Carne e Latticini  e Risorse derivate da Carne e Latticini (CHG= Gas Serra)                                                                                                   

Fonte: Duegradi.eu

La transizione verso il meatless è, quindi, dettata da motivi salutistici ma anche ambientali e il mercato ha la necessità di adattarsi a consumatori sempre più attenti, informati e consapevoli delle proprie scelte.

Le istituzioni, dall’altra parte, incentivano o, quanto meno, non ostacolano la tendenza ed è proprio in tale ottica che si inserisce la decisione del Parlamento Europeo di lasciare la possibilità alle aziende di continuare a utilizzare  termini associati in genere solo a prodotti a base di carne, come “hamburger”, “burger”, “bistecca”, “salsiccia”, anche per i prodotti a base vegetale.

La carne vegetale può venire incontro a tutta una serie di problematiche, sopra trattate, ma anche alle esigenze di persone che già seguono diete vegetali o, ancora, per avvicinare gli “scettici” ad un consumo più consapevole della carne senza discostarsi dalla forma e dal sapore di quest’ultima.
Non ci resta che attendere e vedere se una soluzione del genere possa, effettivamente, cambiare le carte in tavola.