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Ambiente, società e tecnologia

Apprendere tramite la realtà virtuale: la nuova frontiera dell’istruzione

Indossare dei visori in aula per vedere comparire sul banco una cellula, una molecola o un pianeta, fare un esperimento di elettronica e maneggiare dei materiali pericolosi in totale sicurezza: queste sono solo alcune delle attività che si possono fare con la realtà virtuale per imparare meglio arrivando a “toccare con mano” e visualizzare oggetti normalmente impossibili. La missione di aziende come Google è portare tutto ciò quotidianamente nelle aule di scuole e università con l’obiettivo di rivoluzionare per sempre il mondo dell’apprendimento grazie a questa tecnologia.

Cosa sono realtà virtuale, realtà aumentata e le differenze

La realtà aumentata, augmented reality in inglese, è una tecnologia che permette di aggiungere le informazioni nel nostro campo visivo, andando ad arricchirlo di elementi nuovi grazie alla fotocamera dei dispositivi mobili sui quali sono stati installati appositi programmi. Il principio è quello dell’overlay ovvero la sovrapposizione di informazioni aggiuntive, definite ologrammi, a quelle già esistenti.

La realtà virtuale, virtual reality, riesce ad andare oltre: è una tecnologia immersiva che grazie ad un apposito visore, permette di immergersi in una realtà simulata alla perfezione, costruita in tre dimensioni e a 360 gradi che coinvolge non solo gli occhi ma anche l’udito e la propriocezione. Questi strumenti riescono a percepire i nostri movimenti, ricreando la scena come se fossimo nel mondo naturale: se si alza un braccio nel mondo esterno, si alzerà il corrispettivo ricreato nella simulazione, facendo credere al nostro cervello di trovarsi proprio lì; perché nonostante la consapevolezza di fondo di aver indosso un visore, la sensazione di embodiment crea un inganno per il cervello che si sente completamente presente.  A differenza della realtà aumentata, che si limita ad apparire in sovrapposizione, rimanendo ben distinguibile dal resto, la VR permette di immergersi totalmente nella scena rendendo difficile discernere ciò che è vero da ciò che è stato ricreato.

Esiste inoltre un terzo tipo, di realtà virtuale/aumentata, la cosiddetta mixed reality in cui AR e VR vengono unite: gli ologrammi già presenti nell’AR superano la staticità permettendo l’interazione come accade nella VR, rimanendo però nettamente distinguibili dalla realtà e perciò non è definibile immersiva.

AR/VR e ambiti di applicazione

Le realtà estese, citando una macro-categoria per racchiuderle tutte, hanno fatto il loro debutto nel mondo dell’entertaiment dando vita a videogiochi ultraimmersivi, ma negli ultimi anni è stato possibile vedere come possono essere applicate ad un’infinità di ambiti.

Alcuni sono più ovvi di altri, come quello industriale, dove diventerebbe possibile, semplicemente inquadrando un macchinario sconosciuto, visualizzare tutte le istruzioni  per il funzionamento sottoforma di animazioni dettagliate. Allo stesso modo può essere utilizzata per le training di addetti alla manutenzione di sistemi pericolosi come i tralicci dell’alta tensione dove sbagliare può costare la vita ed è anche molto facile per una persona alle prime armi; come sostiene Lorenzo Cappannari di AnotheReality: “se prima lo si insegna in modo altrettanto realistico ma totalmente sicuro in una simulazione, si può sbagliare tutte le volte che si vuole senza problemi e sbagliando, imparare”.

Grazie alle realtà estese è realmente possibile continuare a sbagliare senza nessuna conseguenza, caratteristica utile a professionisti come il pilota di velivoli, ma anche il chirurgo. Proprio a supporto di quest’ultimo, è il progetto della startup italiana Artiness che ha l’obiettivo di portare la realtà aumentata in sala operatoria per rendere gli interventi delicati più sicuri.

Realtà virtuale solo per settori “di rischio”?

L’industria e l’healthcare tuttavia non sono gli unici settori coinvolti, perché questo tipo di tecnologia ben si sposa con un ambito fondamentale: la formazione. In questi anni si sta fortemente sperimentando la VR per la formazione del personale delle aziende che invece di dover organizzare dei continui e dispendiosi corsi di formazione in presenza possono creare una simulazione ad hoc per il tipo di mansione che deve essere svolta, e presentarla ad ogni nuovo impiegato che, dotato di un visore, può imparare efficacemente la procedura, alla quale è stata aggiunta la componente di gamification.

Realtà estesa e apprendimento: ecco perché è così efficace

Il forte potenziale non si trova solo in ambiente lavorativo, ma anche in quello scolastico con bambini e ragazzi. La tecnologia evolve di giorno in giorno, ma nelle aule spesso rimane ancora la lavagna con il gesso quando invece sarebbero disponibili gli strumenti per rendere l’apprendimento non solo più interessante ma anche molto più efficace.

Per spiegare il perché dell’efficacia, è necessario fare riferimento alle neuroscienze: le ultime scoperte sul cervello spiegano che per apprendere meglio e quindi ricordare più a lungo comprendendo a livello profondo quello che si sta studiando, il modo migliore è fare. Il cono dell’apprendimento è un grafico che fa notare come dopo due settimane si ricorda solo il 10% di quanto si è letto, ma ben il 90% di quello che si è fatto rendendo l’apprendimento attivo.

In aggiunta, i mondi creati da AR e VR rendono l’esperienza di apprendimento coinvolgente e quindi emozionante, parola chiave in contesto di memoria in quanto, come dimostrano molteplici studi, più il materiale da imparare si lega alle emozioni e maggiore sarà il ricordo, perché concepito come rilevante per il cervello. Proprio per la loro capacità di generare e modificare emozioni anche permanentemente, sono considerate le prime tecnologie “trasformative”.

La nuova frontiera scolastica: i visori per tutti

Con le dovute premesse diventa evidente come la mixed reality possa essere rivoluzionaria per scuole e università. Già a partire dalle elementari, fino alla formazione superiore, le realtà estese possono aiutare gli insegnanti a spiegare concetti complessi e visualizzare oggetti fisici difficilmente comprensibili dalle immagini appiattite e poco realistiche dei libri; permettendo così di studiare in modo coinvolgente tutti gli argomenti: dalla biologia all’arte, dalla fisica alla chimica fino all’informatica e le lingue.  Si avrà dunque l’opportunità di capire a fondo teorie che sarebbero altrimenti estremamente nozionistiche, rendendole invece fortemente esperienziali.

Aziende come Google in partnership con Labster, ma anche Lenovo, hanno compreso a pieno la potenzialità e stanno lavorando a delle soluzioni per estendere quando più possibile l’utilizzo di queste tecnologie nella didattica di tutti i giorni. L’azienda californiana con il progetto “for education” ha trovato una possibile soluzione in continua evoluzione per portare la mixed reality nelle scuole, senza costi eccessivi: le Cardboard, delle custodie di materiale non fragile come cartone o plastica in cui inserire uno smartphone e utilizzarlo come prototipo di visore. La proposta è avvalorata dal fatto che esistono già delle applicazioni installabili sui devices che accompagnano gli studenti nella didattica interattiva. Nonostante Google stessa abbia ammesso che sia un progetto ancora parecchio acerbo, la prima scintilla è stata accesa e le potenzialità di sviluppo futuro sono molte, ciò che va ridimensionato è il sistema d’istruzione.

La strada potrebbe essere lunga

La scuola deve fare ancora molti progressi su questo fronte e gli ostacoli da superare per portare la trasformazione digitale in tutti gli istituti d’Italia non sono sicuramente pochi: a partire dai fondi per le tecnologie stesse e la formazione degli insegnanti, come sostiene Stefania Strignano, dirigente dell’Istituto Ungaretti di Melzo, una delle prime scuola statali italiane che ha rivoluzionato il metodo d’insegnamento tramite laboratori creativi, utilizzo di strumenti digitali e didattica personalizzata: “in primo luogo c’è da investire sul capitale umano ovvero i professori che per primi devono interiorizzare il cambiamento e saperlo portare agli alunni”.

Il lavoro da fare è parecchio ma il potenziale ancora di più e le ricerche scientifiche oltre che i risultati ottenuti da scuole pioniere, lo dimostrano. Vale la pena approfondire lasciandosi immergere nella trasformazione digitale.

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Economia, StartUp e Fintech

Starting Finance & co.: l’economia s’impara online

Secondo un’indagine dell’OCSE l’Italia si trova al penultimo posto della classifica dei paesi del G20 per educazione finanziaria, ma c’è qualcuno che sta riuscendo nell’intento di portare l’economia a tutti, per insegnare soprattutto ai giovani, come gestire le proprie finanze.

Qual è la situazione italiana attuale e perché è importante l’educazione finanziaria

Dal report dell’OCSE emerge che più della metà degli italiani non conosce l’effetto dell’inflazione su una somma di denaro, meno della metà è in grado di calcolare un tasso di interesse semplice e solo un terzo degli italiani sa calcolare un tasso di interesse composto. Ma questi sono i dati relativi agli adulti, per i giovani studenti la situazione è ancora più preoccupante: ben il 20,9% di loro non raggiunge le abilità finanziarie minime, oltre al fatto che a distanza di sei anni nulla sembra cambiato, i punteggi sono praticamente gli stessi.  Gli investimenti da fare in quest’ambito sono dunque numerosi e i motivi dell’importanza sono molteplici, in primis: avere la consapevolezza di come gestire al meglio il proprio denaro oltre che saper ponderare in modo appropriato le scelte finanziarie per evitare di trovarsi in difficoltà e riuscire a superare la crisi. Per dirlo con le parole dell’ex segretario generale dell’OCSE: “l’educazione finanziaria è una skill fondamentale per la vita quotidiana perché questa può fare una differenza cruciale nella vita delle persone, nelle loro scelte e opportunità. È un fondamento per il benessere, l’imprenditorialità, la mobilità sociale e la crescita inclusiva

Chi vuole cambiare le carte in tavola

Nominati da Forbes tra i 30 under 30 di quest’anno, Marco Scioli ed Edoardo Di Lella hanno fondato Starting Finance nel 2018 come una semplice pagina Facebook indirizzata agli appassionati di economia e da allora è stato un susseguirsi di successi: iscritta nel registro delle imprese italiane come startup innovativa che ha costruito la più grande community di giovani che si vogliono formare in ambito economico-finanziario, obiettivo che si sta adempiendo se si contano circa i 100mila followers sui social con oltre 100 contributor tra studenti universitari appassionati che portano una media di 70 contenuti formativi e originali a settimana. La loro missione: “diventare il primo punto di riferimento per l’educazione e l’informazione finanziaria per i giovani e per chi inizia ad approcciarsi a questo settore”, seguendo tre principi cardine: informazione, educazione e gamification. Se il primo punto si concentra molto sui social dove viene portata informazione veloce, case studies e post con grafiche accattivanti riguardanti le ultime notizie; il secondo è relativo al sito dove, suddivisi per livelli “principiante, medio e avanzato” vengono trattati, come una guida, tutti i principali argomenti del mondo economico. Il terzo obiettivo è la gamification ovvero rendere maggiormente coinvolgente e interessante l’apprendimento di questa materia procedendo come fosse un videogioco e per far ciò assicurano: “stiamo lavorando ad un’app dall’interfaccia semplice ed intuitiva dove procedendo per livelli e guadagnando punti si arrivi a padroneggiare sempre di più questi argomenti”.

Da Starting Finance ai portali di educazione finanziaria

Ma il caso di Starting Finance non è l’unico, altre realtà si stanno mobilitando per fornire alle persone una base di educazione finanziaria: progetti come quello di Banca d’Italia: “economia per tutti”, un vero e proprio portale dove si possono trovare informazioni di base, progetti educativi, infografiche, notizie e quiz per mettersi alla prova, tutti basati sul potere dello storytelling e delle immagini: sono stati creati dei veri e propri episodi che vedono come protagonisti persone di tutti i giorni alle prese con piccoli problemi economici quotidiani.

Rivolto ai giovanissimi ragazzi delle scuole è il progetto di Feduf, Fondazione in collaborazione con il MIUR che “promuove la diffusione dell’educazione finanziaria partendo dalla scuola attraverso progetti specifici, che si basano su una comunicazione semplice ed empatica”

Anche i giovani si cimentano, e ne parlano sui social

Riccardo Zanetti a prima vista sembrerebbe un normale ragazzo di 23 anni, studente di economia e appassionato di tutto ciò che concerne il mondo digital, ma le cose stanno diversamente: founder e CEO di Revives, società che si occupa di capitale di rischio e private equity, oltre che di altre tre realtà e un canale Youtube da 200 mila iscritti. Dalla sua residenza londinese, racconta attivamente le sue avventure imprenditoriali, accompagnando i ragazzi che lo seguono in video coinvolgenti dove spiega con parole semplici e adatte ad un pubblico di non esperti concetti anche complessi di economia e di business. La parola d’ordine è trasparenza dato che il video “Ecco quanto guadagno su Youtube” ha superato il mezzo milione di visualizzazioni.

Ma Youtube non è l’unico mezzo e pagine social come “pillole di economia“ e “economia in 10 secondi”, rendono ogni tempo morto un’occasione per conoscere qualche nozione in più in modo leggero e accattivante. E per chi non ha tempo di guardare il cellulare, esistono diversi podcast come: “investire semplicemente”, “finanza amichevole” di Alessandro Fatichi, “incassaforte pod” e il podcast di Marco Montemagno, solo alcuni tra i tanti.

Diventare protagonisti: le app che ci aiutano

Gli investimenti sono una componente fondamentale del mercato, ma spesso capita che le persone non abbiano idea di dove partire pensando che sia troppo difficile o che siano necessarie somme astronomiche, ma i ragazzi di Oval money la pensano diversamente. Oval money è un’app intuitiva che ha lo scopo di “fornire un nuovo modo di gestire le proprie finanze, facendo crescere il proprio capitale risparmiando e investendo in modo totalmente sicuro e protetto da identificazione biometrica”, il loro motto: “le buone abitudini pagano” rende l’idea di come le piccole azioni quotidiane possano contribuire alla nostra sicurezza monetaria. Sono proprio le abitudini di spesa e risparmio che quest’app aiuta a monitorare fornendo degli strumenti come la possibilità di collegare tutti conti e le carte di pagamento per controllare ogni transazione e consultare le analytics. La possibilità di creare delle proprie regole smart rende l’app molto interattiva che aiuta a tenere alta la motivazione: “ogni settimana metti da parte 10 euro” oppure “ogni 10 km che fai a piedi investi 15 euro”.

Partire ancora prima: come la scuola potrebbe favorire

Sicuramente gli strumenti messi a disposizione dal web oltre che corsi e letture possono favorire i giovani nella comprensione dell’economia e della finanza personale, ma per avere adulti preparati, un percorso autonomo potrebbe non bastare, servirebbe implementarlo nel sistema scolastico italiano ed insegnarlo sin dalle elementari partendo da ciò che viene definita “alfabetizzazione finanziaria”. Se l’iniziativa #ottobreedufin2020, il mese dedicato all’educazione finanziaria, ha riscosso successo, il prossimo passo potrebbe essere quello di ampliarlo al fine di rendere le generazioni successive in grado di gestire il proprio portafoglio, perché di sicuro non si impara a investire in borsa guardando un paio di video sul web, ma ogni grande “scalata” inizia sempre con un passo.

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Ambiente, società e tecnologia

Huawei, Amazon e Google: nuove tecniche di formazione in cloud

Amazon e Google (in primis) e Huawei qualche posizione più sotto, hanno registrato un aumento percentuale dei ricavi, come dimostrato dai dati trimestrali della Borsa di Wall Street; risultati ottenuti a seguito del potenziamento dei sistemi di cloud computing o più semplicemente cloud.

Una tecnologia, quindi, essenziale in società sempre più informatizzate dove il numero dei dati condivisi va via via crescendo.

Il periodo esatto in cui tale tecnologia ha raggiunto il suo apice coincide con l’avvento della pandemia da COVID 19 in quanto, quest’ultima, non ha fatto altro che accelerare la Digital transformation. Una prima problematica è legata al rapido aumento delle nuove tecnologie dell’Industria 4.0 (termine coniato durante la Fiera di Hannover del 2011) anche in risposta al cambiamento climatico in atto.

Si evince questo aspetto dal Report 2020 sui lavori del futuro redatto dal WEF (World Economic Forum) incrociando i dati raccolti dalle interviste dei leader aziendali e quelli estrapolati da recenti fonti pubbliche e private; in tale documento si afferma che entro il 2025 più dell’80% dei leader sceglieranno di utilizzare le nuove tecnologie per automatizzare i processi di lavoro (in modo da riuscire a definire un’economia verde), destinando i lavoratori ad un lavoro a distanza e ad una formazione obbligatoria e in linea al cambiamento tecnologico attuato.

Dato che la formazione rivestirà un ruolo centrale, sarà essenziale il ruolo delle persone nella cultura e, in particolare, in un sistema educativo dovrà essere adeguato, disponibile nel minor tempo possibile e facilmente fruibile (indipendentemente dall’area geografica, dalle risorse economiche disponibili e dall’età); e da qui l’altro problema accentuato con la pandemia: il divario nell’erogazione dell’istruzione; infatti, come afferma il rapporto OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) “Education at Glance” del 2020 l’Europa registra i punteggi più bassi nell’iscrizione universitaria a causa di una presenza più massiccia di insegnanti anziani che perseguono una modalità di apprendimento obsoleta rispetto alla rivoluzione culturale in atto.

Un quadro generale doveroso per spiegare i risultati economici raggiunti e gli obiettivi prefissati dai colossi Big Tech Huawei, Amazon e Google: loro vogliono sviluppare dei servizi di formazione in grado di superare rapidamente questi problemi senza perdere di vista l’importanza di riprodurre un’interazione online studente-insegnate molto simile a quella offline e con un occhio di riguardo per quei paesi più in difficoltà in tal senso. Inoltre, i siti sono stati creati in modo accurato in quanto ogni prodotto o servizio offerto (compresa l’architettura usata) sono stati spiegati dettagliatamente offrendo, comunque, un supporto tecnico per ogni tipo di problema. Ma andiamo per ordine.

Huawei Smart Education

Huawei ha deciso di puntare molto sull’infrastruttura più che sulla diversificazione formativa; infatti, come prima distinzione nell’erogazione della formazione propone di scegliere tra un corso online e interattivo (dove il sistema HUAWEI CLOUD Internet RTC garantisce un modello di educazione basato su un’interazione con poco pubblico, mirata e di breve durata),un corso online basato sui video (dove viene utilizzata la tecnologia VOD HD) e un corso dal vivo con una classe di grandi dimensioni (dove si fare uso di un sistema di bitrate HD e di transcodifica).

Nello specifico, incrementa le infrastrutture sulla base del livello di istruzione di riferimento: scuole primarie e secondarie e scuole di istruzione superiore, professionali e imprese; nel primo caso, utilizza reti cloud e attività di O&M per permettere una gestione centralizzata di tutte le reti sparse per il territorio delle scuole primarie e secondarie (in modo da non dover richiedere tecnici sul posto), per la creazione di app mobili per cellulari (così da poter gestire i servizi ovunque e in qualsiasi momento) per l’utilizzo congiunto di Big Data e API che permettono la creazione di interfacce diversificate così da essere adattate ai differenti settori educativi.

Nel secondo caso, invece, vengono utilizzate reti cloud, sistemi di IA e di Big Data per creare un modello di educazione online specifico per ogni studente o lavoratore, in modo da garantire sempre interattività, coinvolgimento e rapidità di apprendimento. I corsi offerti riguardano il cloud computing, i Big Data, il Software Talent Education (un’educazione ingegneristica proiettata all’IT e ai settori emergenti) e l’AI Talent Education (che si basa sulla piattaforma Model Art)

Huawei si impegna anche sul fronte della ricerca offrendo un Network nazionale a banda larga per garantire l’utilizzo dei Big Data nelle tecnologie emergenti riguardanti la rilevazione dei geni, l’analisi geologica e l’osservazione astronomica.

Nessuno rimane escluso in questa iniziativa: anche i professori (assieme ai supporti tecnici) imparano a gestire l’informatizzazione creando piattaforme digitali in linea col sistema educativo vigente, garantendo la creazione di Siti Web, lo sviluppo di APP e l’archiviazione di materiali didattici, video e immagini; e permettendo, inoltre, di definire un piano intelligente di valutazione dei compiti a casa e di apprendere in materia di IA per una migliore esperienza nella didattica.

Amazon Education

Amazon concentra il suo servizio cloud sull’AWS Education ovvero sull’iniziativa volta ad accelerare l’apprendimento del cloud (specifico per ogni tipo di studente) e così migliorare l’assetto delle startup, delle società e di tutti i tipi di organizzazioni; per promuovere tale iniziativa in ambito scolastico, ha creato dei programmi specifici a seconda del soggetto interessato: nel caso di uno studente di scuola superiore, egli potrà valutare le proprie competenze sbloccando dei badge e seguendo dei percorsi professionali nel cloud; nel caso di una persona in età universitaria, essa potrà seguire un programma Cloud Degree per sviluppare un piano formativo di due o quattro anni in cloud computing; nel caso di un docente, egli ha la possibilità di apprendere la materia al fine di aiutare gli studenti in questo percorso (prendendo spunto per attività didattiche originali e giochi con il programma Amazon Ignite e ottenendo rapidamente il materiale scolastico grazie a LMS Integrated Store).

Per persone al di fuori del sistema educativo, Amazon ha pensato ad un evento di due settimane chiamato AWS re:Invent che permette un apprendimento gratuito attraverso un programma personalizzabile e certificato, e webinar con i massimi esponenti del campo.

Per gli studenti delle scuole primarie e secondarie, invece, ha preferito puntare ad un approccio cloud più semplice e giocoso mediante sfide interattive e attività pratiche.

Affinché Amazon possa offrire vantaggio a chi si affida a lui per l’istruzione sul cloud, offre servizi come amazon business e Prime student cosicché studenti e professori possano avere accesso a tantissimi materiali e anche in tempi brevi e con scontistiche più vantaggiose.

Anche Amazon si impegna nel premiare gli studenti più meritevoli con finanziamenti per i loro progetti attraverso il servizio amazon catalyst.

Google For Education E GSuite Enterprise For Education

Google sfrutta software open source e software-defined avanzati, integrati con un sistema di cloud incentrato sui big data e sul machine learning, per garantire risultati rapidi, coerenti e scalabili.

I servizi offerti si dividono tra quelli offerti agli studenti e quelli offerti per la formazione degli insegnanti.

Nel primo caso, attraverso il servizio chiamato Classroom, ciascun studente avrà la possibilità di fruire in contemporanea a tutti quelli della stessa classe di documenti ed elenchi e di rimanere sempre aggiornati attraverso promemoria e riunioni (stabilite dalla professoressa).

Le risorse didattiche offerte, inoltre, permettono un migliore apprendimento dell’alunno attraverso app, guide e programmi per adattare le lezioni in base agli alunni e agli standard educativi, per permettere ai genitori di imparare ad usare il digitale in sicurezza, per condurre esperimenti scientifici analizzando e comparando i risultati, per raccontare storie con la realtà aumentata e molto altro ancora; tali risorse sono classificate in “Programmazione e informatica”, “Strumenti per la creatività”, Alfabetizzazione digitale”, “Coinvolgimento della famiglia”, “Strumenti didattici”, “Lingue, arte e cultura”, “Strumenti per tutta la scuola” e “Scienza, tecnologia, ingegneria e matematica”.

Inoltre, per avvicinare all’informatica anche ai meno appassionati, sono stati realizzati programmi specifici e semplificati, in contrapposizione ai corsi più professionali legati ai big data machine learning, allo spazio di archiviazione e networking, all’automazione e alla gestione delle API.

Google, però, non tralascia ambiti come la ricerca (per la quale offre borse di studio per usufruire gratuitamente di tutti i prodotti Google Cloud) e ambiti legati alla musica, alla moda e ai videogiochi (attraverso il corso gratuito Google CS First).

Nel secondo caso, invece, Google concentra l’attenzione sulla formazione degli insegnanti in ambito informatico dandogli anche supporto tecnico nella gestione dei vari servizi; inoltre, grazie al Transformation Center di Google for Education, gli insegnati possono accedere a casi reali su come altri docenti hanno creato una cultura tecnologica nel loro istituto e su come hanno realizzato programmi efficaci per lo sviluppo professionale.

Infine, Google ha previsto delle sessioni personalizzate di formazione aziendale (tenutesi ad Ottobre 2020) per i paesi più indietro come Europa, Medio Oriente e Africa.

Tre colossi, tre offerte abbastanza simili e davvero essenziali ma che gettano ancora ombre sull’eventualità di un aumento della dipendenza tecnologica e sulla possibilità che i dati sensibili a loro concessi non siano sicuri. Tutti timori a cui Huawei, Amazon e Google hanno risposto redigendo guide e soluzioni per un uso mirato e intelligente della tecnologia e dedicando sezioni dei loro siti per parlare dell’efficienza del loro cloud in materia di sicurezza; ma il riscontro è stato tutt’altro che positivo.